Processo Angioni: Non è il processo ai genitori di Denise


Tensione in aula nella scorsa udienza del 26 maggio scorso del processo Angioni tra il P.M. Roberto Piscitello e il legale dell’imputata Stefano Pellegrino con la giudice monocratica Giuseppina Montericcio che più volte è stata a un passo dal sospendere l’udienza.
I testi ascoltati sono stati due, l’attuale dirigente squadra mobile della Questura di Catania Antonio Sfameni e l’attuale alto funzionario del Ministero dell’Interno Giuseppe Linares.
Il primo ad essere ascoltato è stato il dott. Sfameni che all’epoca dei fatti della scomparsa di Denise Pipitone fu dal 2002 al 2011 funzionario addetto del Commissariato di Mazara del Vallo, dirigente pro tempore Commissariato di Castelvetrano, dirigente del Commissariato di Mazara del Vallo (dall’1 agosto 2005).
Si occupò delle indagini sul caso Denise Pipitone a partire da qualche giorno dopo la scomparsa (3 settembre 2004) fino approssimativamente al 2015.
I magistrati con cui si è rapportato sono stati il dott. Luigi Boccia, titolare del fascicolo, il dott. Silvio Antonino Sciuto, la dott.ssa Maria Angioni, la dott.ssa Avila, il dott. Liberato, e la dott.ssa Cerroni “relativamente a Giuseppe D’Assaro per l’omicidio di Sabine Maccarrone –dice Sfameni- ma quando si consegnò alle autorità fece delle dichiarazioni in merito al sequestro di Denise Pipitone e quindi è stato sentito dalla Procura”.
“Il Commissariato ha svolto ogni tipo di attività che venisse richiesta –continua Sfameni- che vanno dalla materiale ricerca della bambina scomparsa, cani, elicotteri, perlustrazioni, alle intercettazioni, alle attività di riscontro; non so quante persone siano state sentite a verbale, insomma, qualsiasi cosa ci venisse delegata che in quel momento era necessaria per il ritrovamento della bambina”.
Alla domanda del P.M. Piscitello su quali fossero i rapporti con le altre forze dell’ordine, Sfameni riferisce che erano tutti coinvolti nelle attività, “in realtà credo che il Commissariato di Mazara del Vallo svolgesse un ruolo centrale perché era l’unico in quel momento dotato di un sistema di intercettazione che ci metteva come Commissariato, come Polizia di Stato, nelle condizioni di fare attività di investigazione al meglio rispetto ad altri”.
Sfameni asserisce di aver partecipato a sommarie informazioni testimoniali nel primo periodo della scomparsa della bimba e che “furono ascoltate decine di persone che potevano essere potenziali testimoni ma anche il mago di turno che fin quando non lo sentivi non potevi dire se quelle cose che aveva da dire fossero frutto di elucubrazioni o se ci fosse un riscontro. Ascoltavamo chiunque avesse delle informazioni, anche le più strane, le più disparate. Richieste che ci venivano fatte anche dalla Procura, quelle di ascoltare chiunque, qualsiasi segnalazione”.
Sfameni non fu mai ascoltato personalmente a sommarie informazioni e per ciò che riguarda i rapporti con i magistrati della Procura di Marsala, oltre a mostrare documenti che riconducono a elogi e onorificenze (circa sessanta), riferisce che i rapporti erano assolutamente distesi e che “dentro il Commissariato di Marsala c’era un rapporto splendido tra il dirigente del Commissariato di Mazara del Vallo e il Procuratore”.
Sfameni esclude categoricamente anche di aver fatto richieste di informazioni a esponenti dei Servizi Segreti italiani, tra uffici della Polizia e Servizi Segreti, di non avere cognizione diretta di atti depositati in Procura.
Alle domande dell’avvocato Stefano Pellegrino, legale dell’imputata, riguardo i rapporti con Stefania Letterato nel corso delle indagini, dichiara di averla conosciuta prima delle indagini (novembre 2003, presentata da alcuni colleghi del Commissariato con i quali era in buoni rapporti), di aver partecipato ad attività investigative e alle sommarie informazioni che la riguardavano, di aver avuto contezza dei rapporti dei contatti telefonici con Anna Corona nel corso delle indagini, di non aver ricevuto perplessità o sentimenti di scarsa affidabilità dal dott. Gioacchino Genchi riguardo le attività di indagini, che c’era un clima di rispetto assoluto, e che riguardo ai tabulati telefonici era emerso un numero non indifferente di contatti tra la stessa Letterato e Anna Corona, che il telefono un uso alla Letterato era intestato alla madre e di aver fatto presente ai propri superiori e in Procura del rapporto confidenziale tra le due.
Sfameni asserisce di non aver mai rivelato ad Anna Corona di essere sotto intercettazione e di non aver mai avuto contestata questa circostanza, di non avere mai avuto diatribe con la dott.ssa Angioni, che la Procura di Marsala non ha mai manifestato nei propri confronti atteggiamenti che in qualche modo potessero destare sospetti e così anche con i propri superiori.
La relazione sentimentale con la Letterato, a detta di Sfameni, ha inizio nel secondo semestre del 2005 e riguardo il periodo d’uso del telefono della Letterato, il P.M. ha chiesto di acquisire il fascicolo di dibattimento della sentenza emessa dal Tribunale Penale di Marsala il 25 giugno del 2013 contro Jessica Pulizzi e Gaspare Ghaleb dal quale si evince che, contrariamente da quanto sostenuto dal dott. Genchi, la Letterato continuò a usare la sua utenza per tutto il periodo in cui essa fu sottoposta a intercettazione, dal 22 settembre al 5 ottobre 2004; richiesta che non ha trovato opposizione da parte della difesa che a sua volta ha richiesto di acquisire unitamente alla sentenza di primo grado anche la sentenza d’appello nonché la sentenza della Suprema Corte di Cassazione.

La deposizione del dott. Linares, all’epoca dei fatti capo della Squadra Mobile di Trapani, ha riguardato alcune date, specie quella secondo cui “fino al 4 settembre 2004, Piera Maggio e Piero Pulizzi non dissero che Denise non era figlia di Antonino Pipitone. Solo il 4 settembre, dopo che il P.M. chiese la prova del DNA, Piera Maggio rivelò che la bambina era figlia di Pietro Pulizzi e che Anna Corona era per questo arrabbiata con lei. E ciò provocò un ritardo nelle indagini”.
“Anna Corona – ha aggiunto Linares - venne ascoltata da due ufficiali dei carabinieri la stessa sera dell’1 settembre 2004 alle ore 20:45 il giorno in cui sparì Denise Pipitone, ma la madre della bambina ha eluso per due giorni ogni informazione negando la relazione sentimentale con Piero Pulizzi, che a sua volta aveva definito dicerie quelle voci.
La prossima udienza è stata fissata per il 23 giugno, e sarà ascoltata la dott.ssa Maria Angioni che a fine udienza, visibilmente provata, davanti alle telecamere di Quarto Grado afferma: “I testimoni hanno parlato dei genitori di Denise dicendo delle cose che mi hanno fatto soffrire. Questo non è il processo ai genitori di Denise, è il processo a Maria Angioni, tengo a rimarcarlo. È stato stancante perché tengo a Denise e a tutti i suoi familiari, ci sono rimasta abbastanza male e non aggiungo altro”.
Dello stesso avviso Antonino Pipitone:
“Si sta facendo un processo a delle persone che stanno svolgendo un lavoro per ritrovare la bambina, quando il processo dovrebbe essere fatto ai colpevoli della scomparsa di Denise.
Qualsiasi spunto è valido se utile al ritrovamento di Denise. Non sono in competizione o in battaglia con nessuno, rispetto chi sta dall’altra parte, chiedo rispetto anche per la mia persona e chiedo a tutti di essere uniti, di fare uno sforzo congiunto per il ritrovamento di Denise”.

Rosalba Pipitone

Fonte: https://www.giornatedisicilia.it/2022/05/29/vii-udienza-processo-angioni-non-e-il-processo-ai-genitori-di-denise